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 MUSEO TEO ARTFANZINE # 3. L'ARTE ALLA FINE DEL TEMPO - MARZO 1993
 Formato 21 x 29,7; ventiquattro pagine. Progetto grafico Maurizio Telloli.
 Giovanni Bai, Maurizio Telloli, Sergio Dangelo, Edoardo Sanchi Raimondi, Lemalin, Hanka, Gian Carlo  Norese,  Gianni Gangai, Toshihiro Ikegami, Gianni Piacentini, Tosjo Kojima, Emanuele Magri, Paolo  Campiglio, Sergio  Campiglio, Stefano Lazzari, Rosanna Veronesi, Samantha Riva, Lorena Sireno.

      COPERTINA DI GIOVANNI BAI  CON UN DISEGNO DI EDOARDO SANCHI RAIMONDI           

Post human, cybermedia & naziskin

Sulla terrazza dell'aeroporto di Ho Chi Minh centinaia di persone sono in attesa, e altrettanti fuori. Pochi sono i fortunati che non hanno atteso invano, anche perché qualunque occidentale ha i dieci dollari che permettono di aggirare l'overbooking. L' aeroporto internazionale di Ho Chi Minh assomiglia a una stazione di autobus del nostro sud, ma non ci sono nemmeno gli autobus. I bambini giocano coi carrelli, e i taxisti sono gentili, con le loro Dauphine Renault celesti coi bordi rossi: il traffico è intenso, ma di biciclette e motorini. Ad Hanoi ci sono più automobili e i bus urbani hanno i vetri ai finestrini, a Pechino - mi dicono - ci sono ormai gli ingorghi di traffico; presto anche qui, credo.  II Lelai è un ristorante di lusso: a fatica, per nostra incredulità, riescono a farci capire che abbiamo ordinato troppo; appena bevi un sorso di tè ti riempiono la tazza. Alla fine il conto, in dollari, è di undici e cinquantacinque (per due naturalmente) e il resto in dong. La stanza costa sei dollari e cinquanta, scarraffoni compresi, che tanto mi piacciono - lo sanno tutti, anche qui? - e comunque ci sono anche al Rex, dicono. E i topoloni passeggiano ai bordi del pretenzioso Floating.

La luce arriva alle sei, e non la fermano certo le tendine verdi con cui qualcuno chissà che cosa ci ha fatto, e con la luce arrivano i gechi - che si rincorrono giocando e gridando - e spesso prima di loro la musica dei baretti lì davanti.II cielo è sempre splendido, e ogni tanto arriva la pioggia. II karaoke è già arrivato.

Libertà, indipendenza, felicità: chissà che cosa ne pensano le migliaia dì persone che vivono per strada? Con grande dignità, però. E sembrano felici anche i boat peoples del Saigon River. I marinaretti celesti del Floating Hotel farebbero solo ridere come stupido simbolo di una modernità che avanza in modo anacronista, a pochi metri dal mondo parallelo del Saigon River; se fa un altro effetto rivedere qui - nel museo dei crimini di guerra americani - le immagini che abbiamo visto tante volte, se fa un certo effetto vedere i mendicanti piagati, un giro sui canali del Saigon River ti apre la mente. Non c'è limite alla fantasia per immaginare il mondo parallelo del fiume di metano; e ti devi affidare solo alla tua mente, perché nella lastra nera che ribolle si specchia un cielo azzurro che restituisce - nelle foto - immagini quasi suggestive. Sicuramente molto meno inquietanti; diresti che non c'è neppure bisogno del mondo disegnato dai media, e che comunque i media non sono capaci di restituire la realtà, non si pretende la verità.

Jeffrey Deitch con Post Human (meglio il libro della mostra) ci parla del corpo idealizzata ed elaborato dai media, del miglioramento del corpo, chirurgia plastica e manipolazioni genetiche, per non contare la realtà virtuale. La realtà è sostituita dalla finzione, ma quell'essere mostruoso che è Michael Jackson è finto come uomo, ma è vero come mostro, appunto. Penso alla realtà virtuale e mi immagino i boat peoples del Saigon River con casco e guanto. Loro, al contrario di noi, non ne hanno bisogno, hanno il cielo azzurro, più azzurro dei marinaretti del Floating, dove ci siamo rifugiati per sfuggire la realtà che avevamo vissuto. E sognavo l'uso dei cybermedia per cancellare dalla memoria collettiva oscenità come "stranger in the night", ma non ce n'è bisogno, l'Olocausto sembra già cancellato dalla memoria collettiva perché i naziskin non sono schegge impazzite, ma prodotto consapevole di un sistema allo sfascio. "lo credo che questa ferocia e crudeltà non sia affatto residuale; che questi fenomeni estremi (qualcosa più della violenza) siano destinati a crescere; che essi siano figli del nostro tempo, un prodotto genuino del sistema in cui viviamo" mi conferma Luigi Pintor. Questo è il vero SUB HUMAN, non la donna di Kiki Smith che si trascina uno stronzo lunghissimo. Ed è dalla immagine femminile (come questa, o la donnona di Charles Ray) o dalla sua assenza (gli scopatori di piante di Paul Mc Carthy) che, meglio emerge la critica a questo modello sociale. Questa è l'arte della fine del tempo, forse. Sicuramente l'arte della fine del millennio.

Per qualcuno il tempo è già finito davvero: per Argan l'arte era già finita da molto tempo, forse da secoli (però ci piace ricordare ancora il nostro incontro col roseo vecchietto); ed è finito anche per John Cage (che ricordo invece come un maestro zen nel grande casino che aveva saputo creare al Lirico con Empty Words): Ma, come ci ha suggerito Luca Gerosa, “è un bel po' che sta finendo sto' tempo. Ma più tardi finisce e meglio è".

Intanto continuiamo a scagliare le nostre frecce, indagando campi sempre più complessi, come il sacro e il suo rapporto con la realtà, e tanto più sono seri i temi affrontati, più giocoso ne sarà il contorno, perché serietà fa comunque rima con felicità. E a differenza di Rivoli non consigliamo la visione a un pubblico adulto, nonostante il fallo di Shiva. Dove vogliamo arrivare? L'importante è scoccare la freccia. Un bersaglio lo raggiungiamo sempre. E prima della fine del tempo.

Giovanni Bai

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