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MTNZ # 2.2

PATRIZIA ALEMANNO

OSSERVARE IL NIENTE?

(quale consapevolezza, quale identità da difendere dopo l'11 settembre?)

Posso ora provare a varcare la soglia? Quella barricata umana, attrice del teatro dei fenomeni naturali,

identità logorata e provare a rovesciare la sua prospettiva, il suo punto di vista?

E' possibile far saltare l'ordine e il sistema? Forse, posso solo provare a togliere la carneper sentire se

il silenzio ha un suono, se il Niente è concepibile, diventare io stessa il niente di una stanza, di un letto,

di una porta che allude a cosa? Spingermi ancora oltre, per essere pienamente cosciente di far parte di

un gioco la cui regola è il paradosso: il camminare è lo stesso di stare fermi, il vivere e lo stesso di morire,

il reale è lo stesso di virtuale, il Tutto è lo stesso di Niente, e il mio sforzo è proprio quello di provare ad osservare da questa parte, dalla parte del niente.

[Patrizia Alemanno]

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CHEN ZHEN

Per quanto vissuta con leggerezza, la presenza incombente della morte percorre gran parte del lavoro di Chen Zhen - morto nel 2000 a 45 anni - cui il PAC Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano ha dedica la mostra di apertura del 2003.

Non solo i titoli come Find reincarnation in Another's Corpse, Obsession of Longevity o Beyond the Vulnerability ci parlano di questa ossessione;

alcune delle opere più spettacolari, come Zen Garden e Crystal Landscape of Inner Body, entrambe del 2000, con la riproduzione scultorea di organi del corpo umano - in alabastro la prima, in cristallo la seconda - ne fanno diretto riferimento. Find reincarnation in Another's Corpse, la installazione del 1992 che apre la mostra è composta da una serie di pezzi di motore cromati contenuti in altrettante bare e costituisce, secondo il curatore Jean-Hubert Martin, la prima risposta alla consapevolezza della propria condizione.

Di qui anche l'indagine condotta da Chen Zhen sul diverso approccio alla medicina in oriente e occidente, mentre una continua allusione alla sofferenza fisica emerge nelle installazioni dove ha assemblato oggetti tratti dalla vita comune come letti, seggiole, tavoli, vasi da notte, culle e materassi, allestiti in composizioni che li rendono, contrariamente alla loro originaria funzione, del tutto impraticabili e inospitali per l'uomo.

Ma non per questo ci troviamo di fronte ad una mostra segnata dal lutto, anche se la fila di tavoli coperti di organi di cristallo che occupa tutto il piano superiore (Crystal Landscape of Inner Body) nel suo contrasto tra bellezza scintillante e fragilità può dare una sensazione di angoscia. Ma è questo d'altronde il compito dell'arte, saper creare emozioni anche contrastanti, al punto da essere terapeutica: UnInterrupted Voice è infatti il titolo di una serie di opere costituite da sedie su cui sono montate pelli di tamburo e che come tamburi possono essere suonate, offrendoci sia una riflessione sulla ritualità che la possibilità - battendo forte su di loro - di scaricare le nostre tensioni e tendere alla risoluzione dei nostri problemi.

E davvero si possono suonare queste sculture, come già avevamo fatto con l'installazione alla Biennale di Venezia del 1999.
Un altro aspetto del lavoro di Chen Zhen evidenziato dal curatore è quello dell'interesse sia per la politica internazionale, qui rappresentato da Round Table/Side by Side del 1997, un grande tavolo rotondo già esposto nella sede dell'ONU su cui sono innestate sedie - inutilizzabili in quanto metafore del potere - provenienti da ogni parte del mondo, che per la vita quotidiana, che lo aveva portato a condurre spesso progetti in luoghi e contesti atipici, coinvolgendo direttamente le popolazioni locali, con i bambini di Salvador de Bahia come nei quartieri neri poveri di Houston.

Chen Zhen ha fatto della sua opera un esempio di pluralismo nell'arte, condensando nella nozione di transesperienza il fulcro del suo lavoro.

Formatosi nel periodo della Rivoluzione Culturale Cinese, Chen Zhen ha vissuto e lavorato fra Shanghai, New York e Parigi, città nella quale si è trasferito dal 1986, muovendosi sempre, senza barriere, tra il pensiero orientale e quello occidentale, nell'ottica della sintesi piuttosto che in quella della scelta e delle rigide classificazioni, mescolando il sapore della sua Cina con i paesi che andava conoscendo. Il rischio di far scivolare il proprio lavoro - agli occhi delle istituzioni artistiche ufficiali - nel campo della animazione socioculturale era, secondo Chen Zhen, assolutamente da compiere per superare l' Eterno Malinteso dei rapporti occidente/oriente e centro/periferia: il rifiuto di questo sistema binario era infatti visto dall'artista cinese trapiantato in Francia come un mezzo per rimettere in questione la cultura occidentale, così come lavorare con le giovani generazioni un mezzo per lasciare in eredità ai posteri un mondo migliore. [g.bai]

CHEN ZHEN. PAC - Milano

Fino al 18 maggio 2003

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