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MUSEO TEO ARTFANZINE # 9. LA TRIBÙ - GENNAIO 1996

 Formato 21 x 29,7; quarantotto pagine. Progetto grafico Antonella Giardina.

 Immagine di copertina di Laura Viale.
 Giovanni Bai, Maurizio Telloli, Ariella Giulivi, Marco Beltrametti, Laura Viale, Harald Szeeman, Stefan Hyner,  Franck Pourcel, Manushya Van Pelt, Nando Snozzi, Marco Teatro, Hanny Burgin, Antonio Lüond, Francesco  Cassinari, Francois Portmann, Daniel Baudraz, Mergherita Turewicz-Lafranchi, Robert A. Fischer, Maria Teresa  Torti, Fadhil El Ukrufi, Stefano Righetti, Daniele Galliano, Giacomo Spazio, Pietro Vischi, Peter Schrembs,  Giuseppe Bordonaro, Mauro Ceolin, Domenica Bucalo, Mark Robinson, Barbara Kruchin-Bonfiglio, Giovanna Vis,  Franco Romanò, Giorgio Bellini, Roberta Gragnaniello, Decio Carugati, Taken To The Bottle, Mala Arti Visive,  Gianluca Costantini, Claudia Mendini, Stefano Di Tommaso, Carolina Gozzini.
 Allegati: A/FRANCO BELTRAMETTI & FIORENZO LAFRANCHI a cura di e vento obliquo, Cadenazzo CH.

 Formato 10,5 x 29,7; ventiquattro pagine. Progetto grafico Consuelo Garbani & Michela Tallone.
 Marco Beltrametti, Ariella Giulivi, Antonio Ria, Tom Raworth, Julien Blaine, Francesco Giusti, Patrizia Vicinelli,  Giulia Niccolai, Aziz, Louise Landes-Levi, Antonella Tomaino, Giovanni D'agostino, Duncan Mc Naughton, Dadi  Mariotti, Paolo Mazzucchelli, Fabrizio Scaravaggi.
 PNEUMA vol.3 n°2 février 1996. Ginevra CH. Formato 10,5 x 21; quattro pagine.
 AREA 7-1007 gennaio 1996. Cama, Grigione italiano CH. Formato 21 x 29,7; quattro pagine.

Artisti & Poeti. La Tribù di fine millennio

Editoriale di Giovanni Bai

Museo Teo anche in occasione del suo nono numero si rinnova, sia nella formula - cioè quattro riviste in una - sia nel lavorare con altre situazioni - per di più operanti nell'extracomunitaria Svizzera: e vento/obliquo, Area, Pneuma - sia nella realizzazione della fanzine oltre che delle differenti iniziative.

Questa collaborazione e la scelta del tema sono motivati dall'omaggio che vogliamo rendere a Franco Beltrametti, poeta, pittore, artista totale che del nomadismo e della marginalità aveva fatto la sua poetica, che ha improvvisamente lasciato alla fine dell'estate quella Tribù dei poeti, momento essenziale del suo mondo fatto di Cose che viaggiano. Per questo il concetto di tribù è divenuto la parola chiave del nono numero di Museo Teo ­art fanzine, che è una tribù che sta via via aggregando nuovi membri attorno al binomio iniziale ma soprattutto attorno al suo progetto di un'arte fuori dai consueti circuiti, nelle strade e nelle case, dì un'arte veramente democratica. E, come tutti sanno, Museo Teo è in continuo movimento, un movimento così rapido che noi stessi riusciamo a fatica a seguire.

Tribù e tribale sono termini di questi tempi venuti improvvisamente di moda e, come molte delle cose venute improvvisamente di moda, usati spesso a sproposito, così nel linguaggio giovanile a proposito di moda o anche a proposito di tatuaggi. Disegnare in modo indelebile sulla pelle è uno dei tratti caratterizzanti dei gruppi sociali che definiamo tribù sulla base soprattutto della comunanza di interessi culturali e di sopravvivenza, delle tribù intese quindi nel senso tradizionale del termine: il rituale ma anche la necessità di distinguersi in modo immediato da altre tribù essendo all'origine di questo comportamento. Ma anche quei gruppi che si organizzano all'interno di una struttura sociale già definita ricorrono al tatuaggio come segno di riconoscimento - oltre che di adesione - e soprattutto di autoriconoscimento. Si parla però spesso dì tribale con riferimento a modelli decorativi non figurativo-descrittivi, e in particolare a modelli geometrizzanti e simmetrici che non sempre hanno quella componente etnica cui il termine fa riferimento, e su cui Sir Gombrich ha - sembrerebbe inutilmente - speso tanto tempo.

Sicuramente l'esplodere di forme musicali che sono poi state riunite sotto il generico - e impreciso - termine di world music ha contribuito alla diffusione dell'interesse per certi modelli decorativi, che finiscono per mutare il senso dei fenomeni in cui trovano applicazione, il tatuaggio prima di tutto. II messaggio proprio del tatuaggio che si caratterizza nei due aspetti dell'immediatamente comunicativo (ad esempio erotico-sentimentale, religioso, appartenenza a un gruppo) e quello mediato di appartenenza tout court finisce per ridursi esclusivamente a quest'ultimo, nella duplice accezione dell'appartenenza al gruppo che è tatuato, quindi trasgressivo (senza sapere che il tatuaggio è stato praticato da personaggi insospettabili) e di appartenenza a un gruppo specifico.II concetto di tribalità all'interno della società postindustriale è stato bene evidenziato dall'antropologo Ted Polhemus nella mostra tenutasi lo scorso anno al Victoria & Albert Museum di Londra Streetstyle, in cui ha cercato di definire alcuni modelli comportamentali - identificabili anche in un modo di vestire - sviluppatisi nel corso degli ultimi cinquant'anni, riconducibili alla necessità di evidenziare la propria appartenenza a un gruppo avente caratteristiche simili a una vera e propria tribù, anche se i vincoli tra i membri sono solitamente solo di tipo culturale. Movimenti partiti dalla strada, nati quindi spontaneamente, anche se poi confluiti in strutture più organizzate, e, per quanto autonomi e critici verso l'esistente, non sempre necessariamente sovversivi. Contrariamente alla concezione tradizionale la tribù è oggi un fenomeno prettamente metropolitano, riconducibile non sempre a una forma organizzativa reale, ma piuttosto a un riconoscersi e a un farsi riconoscere, che avvengono proprio a livello di strada, e a livello di stile di vita. Fenomeni che potremmo definire come moda - legati cioè a un certo modo di vestirsi- sono in realtà modelli di comportamento destinati a rafforzare un senso di appartenenza a un gruppo, sono atteggiamenti spontanei - anche se a volte artificiosi nelle forme - e anche in virtù di questo assumono caratteri di tipo tribale. Ugualmente è un malinteso senso della parola - retaggio dei modelli culturali dominanti - che ci fa a volte identificare tribale con selvaggio: se è vero che un punk ha un comportamento tribale, lo ha - secondo Polhemus - anche il Mastroianni della Dolce Vita romana, che sintetizzava un modello di vita nato da un intreccio - nel nascente boom economico del dopoguerra - tra aspirazioni dì gruppi sociali in ascesa e altri in decadenza e lo sviluppo della moda e delle mode. In mancanza di altri legami l'apparenza diviene il segno dell'appartenenza al gruppo: come la tribù della nostra concezione classica si distingue immediatamente per dei segnali evidenti (colori, decorazioni, ecc.), così avviene per le tribù metropolitane, che si caratterizzano spesso per un atteggiamento negativo nei confronti delle norme generalmente condivise, che non è ovviamente soltanto estetico, anche se spesso confuso e inconsapevole. La minaccia - più o meno esplicita, più o meno reale - all'ordine esistente è maggiormente percepita dalla struttura sociale - che è per necessità di sopravvivenza conservatrice - che non dai potenziali sovvertitori, che costituiscono a loro volta, nella loro struttura tribale, un gruppo chiuso, per la necessità di difesa e sopravvivenza. L'appartenenza al gruppo (gang o tribù che sia) nega spesso di fatto la libertà del singolo, e questo è tanto più vero quanto è realmente sovversivo il gruppo, si tratti di comportamenti criminali o di azione politica: se in molticasi questa situazione può essere comprensibile per la necessità di sopravvivenza del gruppo - come bene ha dimostrato Simmel - lo è meno quando l'appartenenza si configura come vera e propria regressione a membro di un branco. Nel suo saggio La metropoli e la vita mentale, Simmel descrive la nascita dei gruppi sociali, sottolineando la necessità che la formazione sociale in via di costituzione ha di difendersi da interferenze esterne limitando anche la libertà dei singoli aderenti, e così è per lo stato, la chiesa, i partiti politici e, oggi, per le moderne società commerciali. Diversa la condizione del branco: il termine è nella lingua italiana normalmente riferito agli animali, e non agli uomini, se non in senso dispregiativo; il concetto di branco rimanda a una organizzazione di animali non addomesticati o a individui privi di autonomia di giudizio. Dal punto di vista dell'analisi sociale rappresenta un livello minimo di aggregazione, privo di progettualità e spesso neppure di solidarietà, e che non lascia nemmeno presupporre quel passaggio dalla comunità, fondata sulla solidarietà meccanica, alla società, fondata sulla solidarietà organica, come hanno dimostrato Tönnies e Durkheim.

Come sembra purtroppo avvenire a molteplici livelli nella situazione odierna (punkabbestia ma anche ragazzi di stadio piuttosto che discotecari) caratterizzata da assenza di progettualità (non parliamo di ideali) e quindi da grande superficialità.Un recente saggio sulla struttura economica capitalistica La tribù occidentale sposta a questi livelli l'uso del termine, ma per quanto riguarda la superficialità e l'assenza di progettualità la società occidentale che ha sposato il folle principio dei pensiero unico, e cioè delle reazioni dei mercati - e quindi gli interessi della speculazione internazionale - come solo riferimento a qualsiasi scelta, che fa della politica una entità assolutamente inutile, ci fa pensare alla nostra società come a un branco, con il massimo rispetto per i lupi (quelli veri!). Ecco allora delinearsi una speranza per questa fine di millennio, che possano costituirsi, o ricostituirsi delle tribù nel senso antropologico del termine, che trovino nella comunità la ragione di vita,e la possibilità di sopravvivere solo nella comunità, che abbia magari oltre che dei valori etici condivisibili, anche dei valori estetici, le Tribù dei poeti e degli artisti.

 

PS.Poche ore dopo aver scritto queste considerazioni polizia e carabinieri incappucciati hanno devastato il Centro Sociale Leoncavallo, sfasciando i computer, pisciando sui giochi dei bambini, imbrattando di vernice i libri, tracciando svastiche sui muri e rubando l'incasso del bar. Come il peggiore branco di ultrà: peccato che qui la progettualità ci fosse, e ben chiara. II mio auspicio di una società di artisti e poeti resta valido, ma la speranza sempre più flebile, soprattutto di fronte all'assenza di reazionidi gran parte della cosiddettasocietà civile di fronte a episodi di normale e ordinario squadrismo di stato.

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